Parto ancora da capisaldi della società. La pubblicità, il capitalismo ... in una parola sola: la mancanza. Tutto intorno a noi ci porta a guardare quello che manca. Ci manca una casa più bella, qualche capello in più, dei bambini che sembrano angioletti, i denti più bianchi. Del resto i modelli che ci vengono serviti sui piatti televisivi e della carta stampata sono i cosiddetti VIP, ovvero coloro che hanno qualche cosa più di noi, sia essa la visibilità, la ricchezza o gli scandali. Sono il prototipo di chi riempe qualcosa che manca: beni di lusso, amori impossibili e spesso impalpabili, qualche taglia di seno. La cultura del mancante ci permea tutti, anche chi vuole chiamarsene fuori è comunque troppo intriso. E allora anche nei comportamenti, nel guardare la nostra vita e le nostre relazioni sociali tendiamo a guardare sempre più spesso ciò che manca. E allora ci sembra di essere in continuo credito con il mondo esterno, con gli altri, con la vita, che talvolta riteniamo avara semplicemente perché guardiamo ciò che non ci dà. E così la prima reazione, una reazione istintiva e quasi automatica, è quella di sentirci vittime, semplicemente perché percepiamo la mancanza direttamente sulla nostra pelle. Ma vedremmo tutto in una luce diversa se solo ci ricordassimo di distogliere lo sguardo dall'infinito nonessere che ci circonda (e talvolta ci stritola) e guardare ciò che, semplicemente, è.
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