Il re Sharayar, nella cornice de "Le mille e una notte", prende l'abitudine di sposare ogni giorno una vergine, giacere con lei e ucciderla alle prime luci del mattino seguente. Lo fa con violenza, e rigorosa spietatezza. E' mosso da sentimenti di vendetta, in particolare verso il genere femminile.
Sharazad, figlia maggiore del disperato visir, va incontro al re serenamente. Non cerca di contrapporre violenza a questo re pieno di odio e vorace di vendetta, non si pone sul suo piano.
E' questa l'idea geniale: non vuole sconfiggerlo. Non le serve calpestare un odio, contrapponendo sdegno o ulteriore violenza. Piuttosto le serve abbracciare chi ne e' fonte, e sorprenderlo donandogli amore. Sharazad inizia a raccontare una fiaba. Che dura milleeuna notti e poi per sempre.
E' proprio da una donna della mitologia araba che arriva questo esempio... a un mondo forse troppo impegnato a pensare di avere ragione.
Poche, sentite parole. Abitanti dell'anima, spesso visualizzata come un "dentro". Talvolta rimangono sensazioni e non fanno in tempo a cristallizzarsi in parole. Talvolta non vengono sentite e vicino al chiarore del cielo sono trascinate giu' e ancora su in moti convettivi d'oblio, e di ricordo. Talvolta nascono parole, rimangono parole e giocano fra loro fintanto che qualcuno non se ne accorge. Pensieri? Sensazioni? O piu' semplicemente, segnalibri?
venerdì, novembre 21, 2008
L’Insegnamento di Sharazad
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