lunedì, marzo 12, 2012

Euridice e la meraviglia di essere nonni

Bambini di diverse dimensioni
Parlando di ricordi, e della distanza che ci separa da loro, riparto dalla nostalgia di Orfeo. Ogni cosa che accade nella vita ha due principali porte di accesso: l'esperienza e il ricordo. L'esperienza proviene dall'ascolto delle sensazioni mentre la cosa succede; il ricordo prova a ricreare alcune di queste sensazioni (vorrebbe ricrearle tutte, ma non ci riesce), cercando di riprodurle per risonanza, raccontandole, rammentandole, talvolta rammendandole, colorandole, riascoltandole, anche tante volte, come una canzone che non può stancare. Il ricordo, dicevo nell'altro post, può essere portato quasi fino a noi, fino ai bordi dell'essere, come Euridice, ma a un certo momento bisogna voltarsi, e lasciarlo andare. Possiamo ricordare tutte le volte che vogliamo, e ricordare insieme è qualcosa di ancora più potente, è come illuminare con più luci la stessa scena, rendendola ancora più realistica e viva. Ma non ci è dato di provare due volte la stessa esperienza; soprattutto quando tanto tempo passa da un evento lontano. Le condizioni cambiano, e se non altro di certo siamo cambiati noi. E comunque nulla due volte accade, come dice anche Wislawa Szymborska in questa meravigliosa poesia.
C'è una cosa, però, che fa quasi eccezione. E' il diventare nonni. Si è stati genitori, e si sono provate delle sensazioni intime e difficilmente descrivibili, ma profondamente istintive e immediate, e quindi difficilmente modificabili da una rielaborazione razionale. E poi, dopo tanti anni, può succedere che arrivi qualcosa a toccare le stesse corde, a far vibrare le stesse emozioni, quelle di un lontano ricordo, magari di trent'anni fa. E per una volta nella vita, forse, si riesce ad abbracciare con lo stesso sguardo, ad accarezzare con la stessa mano, le emozioni congiunte di esperienza e ricordo. E questa è meraviglia.