"Mitopoiesi" è una parola che mi è sempre piaciuta. Sostanzialmente perché ha un bellissimo suono. Vuole dire "creazione di miti come attitudine propria dello spirito umano" (Garzanti online).
Vuoi farti ascoltare? Vuoi diventare famoso, almeno per un po'? Bene, vai al TG2 e prova a darti fuoco (http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/cronaca/dramma-tg2/dramma-tg2/dramma-tg2.html ), oppure vai ad una trasmissione di Maria De Filippi e inizia a urlare come un tacchino. C'e' anche chi entra in metropolitana a Milano e inizia un numero di lap-dance (http://www.corriere.it/Primo_Piano/
Cronache/2006/12_Dicembre/02/santucci.shtml ), o chi inizia a gridare sui muri immagini e frasi evocative.
Ma nel caso del graffitista Jean-Michel Basquiat il motore della mitopoiesi era un impulso creativo (si dira' piu' tardi artistico, e nella creazione del mito contribuì senz'altro la morte in giovane età e la vita dissoluta) e nel caso della lap-dancer era un'idea casuale, o per meglio dire astutamente studiata; in nessuno dei due casi si può percepire coercizione nei confronti del fruitore. Nel caso dell'uomo che prova a darsi fuoco, invece, c'e' violenza. La percepite la violenza? Sta prendendo in ostaggio se stesso, e chiede un riscatto, chiede di essere ascoltato. Questo inevitabilmente si incastra con il consumismo informativo della nostra società, che si dimentica di condannare un simile gesto ma è bramosa di ascoltare un messaggio così drammaticamente e teatralmente gridato ai media. Ma di chi e' la responsabilità (come spesso ricordo, mi piacciono più le domande che le risposte)? Dell'uomo che minaccia di darsi fuoco o della società che gli dà ascolto solo sotto ricatto? Di Pannella che fa lo sciopero della fame o di un panorama politico che si attiva solo se messo alle strette? Dei conducenti degli autobus "abbonati" allo sciopero del venerdi' o delle controparti che senza certe prese di posizione non sanno dialogare? Non vedete in tutto questo i meccanismi del ricatto, del rapimento e del riscatto, della violenza? Da parte mia se sento qualcuno gridare mi giro, sì, ma dall'altra parte, dalla parte di chi mi parla con pacatezza e, se possibile, con gentilezza.
Vuoi farti ascoltare? Vuoi diventare famoso, almeno per un po'? Bene, vai al TG2 e prova a darti fuoco (http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/cronaca/dramma-tg2/dramma-tg2/dramma-tg2.html ), oppure vai ad una trasmissione di Maria De Filippi e inizia a urlare come un tacchino. C'e' anche chi entra in metropolitana a Milano e inizia un numero di lap-dance (http://www.corriere.it/Primo_Piano/
Cronache/2006/12_Dicembre/02/santucci.shtml ), o chi inizia a gridare sui muri immagini e frasi evocative.
Ma nel caso del graffitista Jean-Michel Basquiat il motore della mitopoiesi era un impulso creativo (si dira' piu' tardi artistico, e nella creazione del mito contribuì senz'altro la morte in giovane età e la vita dissoluta) e nel caso della lap-dancer era un'idea casuale, o per meglio dire astutamente studiata; in nessuno dei due casi si può percepire coercizione nei confronti del fruitore. Nel caso dell'uomo che prova a darsi fuoco, invece, c'e' violenza. La percepite la violenza? Sta prendendo in ostaggio se stesso, e chiede un riscatto, chiede di essere ascoltato. Questo inevitabilmente si incastra con il consumismo informativo della nostra società, che si dimentica di condannare un simile gesto ma è bramosa di ascoltare un messaggio così drammaticamente e teatralmente gridato ai media. Ma di chi e' la responsabilità (come spesso ricordo, mi piacciono più le domande che le risposte)? Dell'uomo che minaccia di darsi fuoco o della società che gli dà ascolto solo sotto ricatto? Di Pannella che fa lo sciopero della fame o di un panorama politico che si attiva solo se messo alle strette? Dei conducenti degli autobus "abbonati" allo sciopero del venerdi' o delle controparti che senza certe prese di posizione non sanno dialogare? Non vedete in tutto questo i meccanismi del ricatto, del rapimento e del riscatto, della violenza? Da parte mia se sento qualcuno gridare mi giro, sì, ma dall'altra parte, dalla parte di chi mi parla con pacatezza e, se possibile, con gentilezza.