mercoledì, maggio 03, 2006

Il valore ASSOLUTO delle cose

Tutto è relativo. Anzi, no. Senza infilarmi in complesse considerazioni socio-culturali, provo a buttare lì i due capisaldi della nostra società: il denaro e la comunicazione. Entrambi non hanno un valore proprio: il denaro per avere valore deve essere scambiato, la comunicazione deve coinvolgere almeno due persone, e se consideriamo la predominanza della comunicazione di massa spesso le persone coinvolte sono molte di più. Inoltre dipendono da un contesto e in qualche modo sono misurabili. Il denaro, addirittura, si candida esso stesso come misuratore misurato: vorrebbe essere il metro per misurare il valore delle cose. La comunicazione si può vagliare secondo la sua chiarezza, la sua verità, il suo contenuto informativo. Ma più un criterio di misurabilità è oggettivo, più diventa preponderante. E quindi anche nel caso della comunicazione, per la quale i parametri sopra indicati sono importanti ma tutto sommato soggettivi, un parametro oggettivo acquista subito la risonanza massima. E quindi quante sono le persone a ricevere una comunicazione diventa più importante ad esempio della veridicità del messaggio comunicato. Se abbiamo detto che denaro e comunicazione la fanno da padroni, guadagnano un'immeritata posizione di rilievo due sistemi in cui lo scopo primario è quello di massimizzare i parametri di misurazione oggettiva: mi vengono in mente il capitalismo e l'auditel (o qualsiasi misura quantitativa dell'audience). Del resto sono immerse in società dominate dal concetto di democrazia, dove l'importante, per sua intrinseca definizione, è il quanto più che il come. Ma questo è solo un'altro spunto di discussione. Quello che mi preme dire è che, nonostante il predominio di concetti intrinsecamente relativi e la moda del misurabile, ci sono delle categorie non intaccate dalla relativita', e ogni tanto è buona cosa ricordarlo. Le emozioni, le necessità, i ricordi, i sogni. Sono cose che riempono la vita di tutti i nostri giorni, non ho cercato esempi strani. Un'emozione vive di una vita tutta sua, e grazie a Dio non la puoi misurare, non la puoi confrontare. Al di là del carino significato vezzeggiativo che si dà a questa frase, ha poco senso chiedere "Quanto bene mi vuoi?", piuttosto sarebbe più appropriato "Come mi vuoi bene?". Così le necessità. Non dimentichiamoci che le nostre necessità sono semplici, sono poche, bere, dormire, magari un tetto e del cibo. Con questo non consiglio di fare gli eremiti: se una pubblicità di un profumo mi invoglia a comprarlo non c'è nulla di male, solo sarebbe opportuno ricordarmi che non è una necessità. Avere una macchina figa non è una necessità, e se ci trovo una riga sopra è poco importante. Niente ma e niente se: è poco importante. Sarebbe bello che ce ne ricordassimo sempre. E' bello condividere la società con le altre persone, e magari può piacere anche uniformarsi a certe mode, ma non dimentichiamo di essere consapevoli che certe cose non si possono misurare. Non ricordiamocelo soltanto quando siamo malati (allora improvvisamente ci ricordiamo che l'importante è la salute) o quando siamo di fronte a fatti molto gravi che fanno impallidire le nostre misurabili magagne. Certe cose hanno un valore assoluto. Viviamole come un piccolo tesoro. Saremmo più soddisfatti in una società che per funzionare deve fare leva proprio sulla nostra insoddisfazione. Relativa.

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