mercoledì, dicembre 31, 2014

Fuori da questo abbraccio


Fuori da questo abbraccio
Vedo due persone ferme, abbracciate.
Le mani piene e ferme.
Gli occhi uniti e fermi.
Si trattengono, come un respiro,
e come in un respiro
si soffieranno via.

lunedì, dicembre 01, 2014

Il Mulino Avvento

Circa dieci anni fa scrivevo questo piccolo racconto. Credo che lo modificherei parecchio, ma oggi preferisco riproporlo così.

Trapani, mulino alle saline
(foto di Cristiano Corsini, https://www.flickr.com/photos/corscri/2735425680)

Lunedì 1 Dicembre.
Apparentemente senza sforzo, senza un ruscello che ne avesse lambito, di traverso, le pale, senza un refolo che ne avesse compresso significativamente lo spazio a lui circostante, inventandosi un’inerzia, il mulino incominciò lentamente ad accarezzare l’aria.
I grandi gridavano “Prodigio!” e si guardavano tra loro. I bambini gridavano “Si muove!” e guardarono il mulino. Ma l’elemento fondamentale di quella meraviglia non era la sua imponenza. E non era neanche l’elegante povertà (c’è chi avrebbe detto: essenzialità) delle sue dodici pale. Era la lentezza con la quale esse sembravano accumulare e misurare l'attesa.
Il primo giorno i bambini potevano toccare la pala più in basso. Vi appesero un sacchetto, di cui non rivelarono il contenuto. Il martedì 2 dicembre la pala, nella sua rotazione, si staccò da terra e anche i grandi potevano passare sotto l’elegante galleria formata dalle prime due pale. Il giorno seguente fu il turno della seconda a passare vicino a terra. I bambini percepivano l’attesa come un battito forte del cuore a scandire un movimento lentissimo, a protrarre e gustarsi un’emozione. I grandi calcolarono che a quella velocità un giro sarebbe stato completato in ventiquattro giorni, e cioè esattamente a Natale.
Tutti i giorni dispari la pala del mulino che passava vicino a terra veniva fregiata e addobbata con doni ed oggetti colorati, mentre nei giorni pari si poteva guardare, oltrepassare, a volte anche immaginare il mulino, o lo spazio a lui circostante. Si poteva respirare insieme a lui.
All’ottavo giorno un vecchio disse che bisognava trovargli un nome. Spiegò che finché le cose e le persone non hanno un nome proprio, più indifferente ci appare la loro presenza, e la loro assenza.
"Dare un nome - spiegò il vecchio - è un po’ come dare vita: tutte le formiche che nella nostra vita abbiamo incontrato, e forse calpestato, sono la stessa formica, fintanto che non distribuiamo dei nomi. E allora ci sarà la formica Cinzia: godremo nel vederla mordicchiare un pezzo di una briciola enorme, e soffriremo nel vederla arrancare all’affannosa ricerca di sopravvivenza, sommersa da una gigantesca goccia d’aranciata".
Quando si trova una vita, del resto, si sa anche che si piangerà una morte.
Così, fu chiamato Mulino Avvento.
I bambini, si sa, difficilmente tengono un segreto, e presto rivelarono il misterioso contenuto del sacchetto appeso alla prima pala, che ormai di giorno in giorno si avvicinava sempre di più al cielo. Nel sacchetto c’erano tutti i loro desideri, tutti i loro sogni.
Grande e diffusa fu l'emozione di vedere il sacchetto dei sogni alzarsi, fino a quasi perderlo di vista, ma anche quando il sabato 13 Dicembre giunse al suo punto più alto crebbe l'emozione per l'attesa di vederlo tornare indietro, gradualmente avvicinandosi a terra. Il vecchio con la barba disse che in fondo ogni emozione vive di due momenti, che spesso quasi coincidono.
"E' un po' come un respiro, l'emozione vola verso una persona, un luogo, una sensazione lontana e infinita, con una velocità tale da poterla toccare ad occhi chiusi, ma inevitabilmente torna, per entrare dentro la nostra pelle, ed abitarla, sia pure per un attimo".
Il giorno di Natale, naturalmente, vi fu grande festa, e la prima pala, tra l'ammirazione degli sguardi lucidi, completò il suo giro. Completò la sua vita. Depose il sacchetto ai piedi dei bambini, che festosi iniziarono a frugare con meraviglia. Accanto ai propri sogni trovarono gioia, bellezza, giochi, ma non si erano trasformati, perché i sogni non sanno morire. Alla peggio vengono dimenticati, e non certo dai bambini.
"I desideri - disse il vecchio con la barba ormai bianca - per essere immortali vanno coltivati, e non distrattamente esauditi".
"I sogni sono i colori dell'attesa - aggiunse indicando il mulino (e tutti guardarono il mulino) - e l'attesa è la vera meraviglia del Natale".

venerdì, ottobre 03, 2014

Pipistrello cadente

Ho visto una stella cadente,
L’ho vista davvero.
O forse era un pipistrello
Ingordo e strapieno di lucciole
Che cadeva in verticale
Per due secondi.
Che bello cadere in verticale
Ha pensato.
Che cosa si prova a volare?
Si è chiesto.
Una meravigliosa sensazione
Ha sussurrato.
Poi all’improvviso ha ricordato
Che in effetti vola quasi sempre
E come tutti i pipistrelli
Conosce benissimo la sensazione del volo.
Allora ha digerito le lucciole e si è spento
Illuminato, meravigliato, ridimensionato.

Vale lo stesso?
Posso desiderare un desiderio
Anche se, anziché stella
Ho davvero avvistato un pipistrello?
Forse per pipistrellica empatia
Posso desiderare un desiderio a testa in giù
Di quelli strampalati senza logica,
Per esempio desidero
Che voglio cedere il desiderio al pipistrello.

Anzi, è proprio questo il desiderio,
Desidero che il pipistrello sappia volare
Ma che ogni tanto lo dimentichi
E quindi si sorprenda, ogni tanto
A desiderare e cadere
Perché poco fa, mentre cadeva
Ebbro e strapieno di lucciole ed oblio
Ha disegnato per un attimo
Il cielo di bellezza.

giovedì, settembre 11, 2014

Ice Bucket Challenge - secchiata sì, secchiata no?

Ice Bucket Challenge - secchiata sì, secchiata no?
Dal 25 al 27 Agosto 2014, tre giorni di dilemmi semiseri fino all'(in)evitabile epilogo.

Giorno 1

Giorno 2

Giorno 3

domenica, agosto 17, 2014

Silenzio!

-Perché proprio qui?
Domandò con un filo di voce, che nel vuoto della chiesa sentì risuonare come una preghiera sommessa.
-Silenzio, avvicinati.
Nessuno, in effetti, disse queste parole, ma Linda, in silenzio, si avvicinò. Fece scricchiolare due panche di legno, ed ebbe il tempo di ascoltare il ritmo del proprio respiro prima di accostarsi al confessionale. Pareva la protagonista di un incerto rituale, di cui lei stessa non riusciva a comprendere il senso. A quell'ora non era ragionevole sperare di trovare qualcuno, ma dentro al confessionale l'abito nero del prete si confondeva con l'oscurità della notte e con lo sfondo dei pensieri di Linda. La ragazza non sembrò troppo sorpresa. Si sedette, e tacque. Scelse il silenzio come raffinata forma di confidenza. Passarono molti minuti in cui non ci fu che ostinato silenzio. Dall'esterno, la scena sarebbe apparsa immobile. Dall'interno, un terremoto. Dall'interno, due terremoti: a Linda parve infatti di udire una voce provenire da dietro la grata.
-Hai ragione Linda, le parole sono vuote quando si travestono da parole. Abbracciamo parole, nutriamo parole, parliamo di parole alle parole, riempendo il nulla di nulla e chiacchieriamo via dal mondo. Hai presente quel discorso dell'amare il prossimo tuo?
Linda fece scivolare via una lacrima, e annuì.
-Ecco, per esempio io ti amo. E davvero mi sembrerebbe un ottimo inizio e invece, sono rimasto fermo a capire dove ho sbagliato. Linda, dove ho sbagliato?
Linda iniziò a piangere. Avrebbe voluto dire:
-Hai sbagliato a non avermelo mai detto! Hai sbagliato a non esserci! Hai sbagliato ad esserti ammazzato! E sbaglio io a continuare ad ascoltare questa maledetta registrazione!
Ma invece si accontentò di continuare a piangere: qualunque parola si sarebbe dispersa, puro lugubre suono nel silenzio della chiesa deserta.

giovedì, gennaio 02, 2014

Felice Anno Vecchio!

Vorrei augurare a tutti un buon 2013. Avete letto bene, 2013. Perché, certo, è bellissimo pregustare i desideri, ma è altrettanto meravigliosa l'arte di saper degustare i ricordi. E farli luccicare di bellezza, almeno un po'. E allora... Felice anno vecchio!