mercoledì, agosto 22, 2012

Lucertole

Un po’ sirena, un po’ donna cannone, ti farai trovare pronta ad essere sparata nel vuoto da un grido di piacere primordiale. Muoverai la coda fortissimo, surferai veloce eludendo le trappole acide del pH vaginale e ti getterai con slancio al collo dell’utero. Intorno a te vedrai arenarsi progetti destinati a non essere mai realizzati né pensati, vedrai audaci scommesse perdersi per strada, supererai piroettando flessuosa leali concorrenti e con la forza di un’idea folle entrerai in un magico mondo sferoidale, pervaso di vita. Arriverai per prima, e percepirai una forza unica, intensa, ma composta da mille vibrazioni differenti che solo anni più tardi proverai a riassumere con la parola amore, e sempre ti sfuggirà qualcosa. Imparerai tanti nomi dal suono magico, come padre, amica, figlio, amante, fratellino. Ti taglierai i capelli corti, poi guarderai il pavimento pieno di riccioli biondi e ti divertirà il fatto che non potrai mai più riaverli in testa. Almeno non quelli. Proverai a decidere che per qualche amore proprio non c’è nome. Non saprai come chiamare Lucia. Amica? Amante? Sorella minore? Questi nomi affascinanti rimarranno latenti, parzialmente disinnescati, ad approssimare vagamente il tuo sentire: ti accorgerai che ciascuno di essi avrebbe finito per cancellare i battiti degli altri. E allora deciderai di continuare a chiamarla soltanto Lucia. Piangerai spesso, e dopo una semplice delusione teorizzerai modelli, strutture, implicazioni e divieti, proverai mille alchimie e cercherai le regole per dividere l’amore dal non amore. Puntualmente, le disattenderai con leggerezza. Andrai da sola nella casa al mare, forse per studiare, forse per pensare, forse per restituire pensieri al mare. Fingerai di disinteressarti di un amore impossibile da spiegarti e lo stesso giorno ne resterai ossessionata, quasi avvelenata dalla dolcezza dei suoi battiti. Resterai a lungo nel letto grande, a pancia sotto, e sentirai il seno premuto contro il pigiama, il pigiama premuto contro il cuscino, il cuscino premuto contro il materasso, e il materasso premuto contro il battito lontano del tuo cuore.

E poi di notte sognerai le lucertole. Sognerai un predatore senza volto ma con un nome da far gelare il sangue, e le lucertole ferme, con il cuore a mille sotto il corpo immobile, lontano, e fingeranno di essere morte per non essere dilaniate. Arriveranno al punto di separarsi dalla coda pur continuando a muoverla fortissimo, agitandola lontano dal proprio corpo, come la bandiera bianca di un sogno che si vuole abbandonare. E il predatore se ne andrà via, ingannato e freddamente indifferente.

Ti sveglierai, e penserai che si tratta di una buona strategia: fingersi morti, fingersi altrove, per non farsi dilaniare dall’insostenibile presenza di un amore impossibile. Ti passerai una mano tra i riccioli, concederai uno sguardo complice al mare al di là delle tende bianche, e ti metterai a sedere sul letto. E deciderai che forse no, è una strategia che non vorrai applicare, almeno non in questa vita. Quello sarà il giorno in cui sceglierai veramente di amare. La tua storia sarà incominciata tuffandoti nel vuoto, ed è una cosa che non vorrai mai disimparare.