mercoledì, dicembre 13, 2006

Mitopoiesi fast-food

"Mitopoiesi" è una parola che mi è sempre piaciuta. Sostanzialmente perché ha un bellissimo suono. Vuole dire "creazione di miti come attitudine propria dello spirito umano" (Garzanti online).
Vuoi farti ascoltare? Vuoi diventare famoso, almeno per un po'? Bene, vai al TG2 e prova a darti fuoco (http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/cronaca/dramma-tg2/dramma-tg2/dramma-tg2.html ), oppure vai ad una trasmissione di Maria De Filippi e inizia a urlare come un tacchino. C'e' anche chi entra in metropolitana a Milano e inizia un numero di lap-dance (http://www.corriere.it/Primo_Piano/
Cronache/2006/12_Dicembre/02/santucci.shtml ), o chi inizia a gridare sui muri immagini e frasi evocative.
Ma nel caso del graffitista Jean-Michel Basquiat il motore della mitopoiesi era un impulso creativo (si dira' piu' tardi artistico, e nella creazione del mito contribuì senz'altro la morte in giovane età e la vita dissoluta) e nel caso della lap-dancer era un'idea casuale, o per meglio dire astutamente studiata; in nessuno dei due casi si può percepire coercizione nei confronti del fruitore. Nel caso dell'uomo che prova a darsi fuoco, invece, c'e' violenza. La percepite la violenza? Sta prendendo in ostaggio se stesso, e chiede un riscatto, chiede di essere ascoltato. Questo inevitabilmente si incastra con il consumismo informativo della nostra società, che si dimentica di condannare un simile gesto ma è bramosa di ascoltare un messaggio così drammaticamente e teatralmente gridato ai media. Ma di chi e' la responsabilità (come spesso ricordo, mi piacciono più le domande che le risposte)? Dell'uomo che minaccia di darsi fuoco o della società che gli dà ascolto solo sotto ricatto? Di Pannella che fa lo sciopero della fame o di un panorama politico che si attiva solo se messo alle strette? Dei conducenti degli autobus "abbonati" allo sciopero del venerdi' o delle controparti che senza certe prese di posizione non sanno dialogare? Non vedete in tutto questo i meccanismi del ricatto, del rapimento e del riscatto, della violenza? Da parte mia se sento qualcuno gridare mi giro, sì, ma dall'altra parte, dalla parte di chi mi parla con pacatezza e, se possibile, con gentilezza.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Rileggendo il post mi rendo conto di non aver compreso il nesso fra la mitopoiesi e i fatti citati nel post. Quale relazione c'è? Mi sembrano piuttosto i "piatti forti" dell'informazione fast-food. Forti anche perché sono "piccanti", nel senso più ampio del termine (dal bruciare all'eccitare, insomma).
Si tratta di notizie da un "morso e via", resterà a risuonare nella nostra mente solo il significante e di certo non il significato (fatto delle motivazioni, delle sofferenze, delle emozioni di quelle persone), come suggerisce anche il post.
Con tutto questo la mitopoiesi come c'entra? La Garzanti la definisce un'attitudine umana. Ma se la consideriamo nel suo aspetto di prodotto di tale attitudine, si rivela essere un LENTO processo narrativo di costruzione di una realtà altra, quella del mito appunto. Un processo lento, sia in relazione alle generazioni (così si sono formati i miti di tutti i popoli) sia in relazione ad una sola vita umana. Ciascuno di noi infatti dà sfogo alla propria, personale attitudine mitopoietica. E a ben guardare è ugualmente un processo narrativo, che lentamente stratifica e crea mondi, crea emozioni, arriva a distorcere il tempo e lo spazio. Anche quando, volgarmente detto, "ce la raccontiamo" stiamo narrando e tessendo la nostra personale mitopoiesi.
Non è dunque un ossimoro accostarla all'aspetto "fast" del nostro mondo? O forse proprio questo intendeva affermare il post? La mitopoiesi come contraltare dell'urlo contemporaneo?

frobbiano ha detto...

E' proprio questa idea di ossimoro che mi sembra il motore del meccanismo. Un processo ritenuto a ragione intimamente e costitutivamente lento puo' venire corticircuitato da qualcosa di molto piu' veloce. Veloce come strada, e non solo come durata. E' un po' come se, tra il nostro status di "normale" e il nostro status di "mito", non ci fosse un percorso lungo e lento e immenso e stratificato, ma una sorta di "imene di anonimato" che, forse, si puo' rompere con un solo gesto. Ci si presenta quindi un'altra possibilita', finora inesplorata, per la mitopoiesi. Seguire (sia per chi il mito lo crea, sia per chi il mito lo diventa) una strada lenta e "classica", o seguire la scorciatoia "fast", seducendo o talvolta violentando l'imene di anonimato. Si puo' diventare mito in maniera fast, andando alla ribalta dell'informazione, diventando "tronista", partecipando al Grande Fratello, facendo un gesto clamoroso. La naturale evoluzione di un mito costruito in fretta e' molto spesso quella di un mito che in fretta appassisce, senza essere approfondito, ed essendo percepito solo in superficie, ma questa e' una seconda fase che esula dal momento mitopoietico, di pura creazione.
Grazie per le tue osservazioni sempre cosi' interessanti!